Offline rivista letteraria

Offline è una rivista letteraria indipendente nella quale i testi narrativi tornano finalmente al centro. Non è marketing, non è business, è piacere di scoprire o riscoprire testi con una forte personalità. Periodicamente lanciano delle call agli aspiranti scrittori ed ecco che ho deciso di cogliere quella dedicata alla giovinezza. Il testo lo trovate qui: https://www.rivistaoffline.it/wp/wp-content/uploads/2022/06/Offline_16.pdf

La rivista è la nr 16 del 28.06.2022. Buona lettura

 

 

Una donna può tutto

Sabato 9 aprile ore 10.30 – San Donà di Piave

Parlare di donne è diventato abbastanza scontato negli ultimi tempi. Titoli fuorvianti e dichiarazioni di parte, interpretazioni stirate e riadattate per usi ambigui. L’incontro da me promosso per la sezione Fiapada di San Donà e per Uniper parte invece da una battuta molto banale che mio figlio quando aveva otto anni mi fece. “… una donna non lo saprebbe fare…” Era in quella simpatica età in cui maschi e femmine appartengono a mondi ben separati e antagonisti, entrambi imbevuti di luoghi comuni e frasi fatte. Da quel giorno iniziai a raccogliere storie di donne che avevano fatto qualcosa di eccezionale, di coraggioso, di contrario alle consuetudini e alle leggi del tempo. Ne è uscito un percorso intenso e interessante che trova continuamente aggiornamento.

Paolo Malaguti

Caffè Letterario San Donà di Piave – Paolo Malaguti 25-10-2021
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Amo la scrittura di Paolo Malaguti che ho avuto occasione di conoscere attraverso uno dei libri più belli che siano stati scritti sulla Prima Guerra Mondiale, parlo di “Prima dell’alba” (Neri Pozza).
Per la presentazione del suo romanzo “Se l’acqua ride” (Einaudi) ho avuto il piacere di dialogare con lui del Veneto degli anni ’60, del commercio fluviale e di scrittura. Persona solare e allegra mi ha facilitato il compito in questa mia prima presentazione d’autore. Se cercate una recensione particolareggiata della serata questo è il link giusto.
Irene Pavan

Viaggio al termine della notte

Viaggio al termine della notte [Luis-Ferdinand Céline]

Finisce davanti a un oste e a un bicchiere di bianco in una piovosa sera di dicembre l’incontro con il mio ex professore di italiano. Non so quanto siamo diversi dopo ventisette anni, sento quanto siamo gli stessi, uno di fronte all’altra a parlare del niente e della vita. Non sto seduta sopra la cattedra, ma a parte questo dettaglio, il resto è puro flashback. Lo seguo nel suo pensiero disincantato, sotto il velo di gentile sfiducia che da sempre lo veste. Sincero, come uno che ha l’età per esserlo davvero, conclude che non ha senso scrivere, non ha senso perché non siamo capaci di vera grandezza. E mi srotola le prove, mi fa nomi e cognomi. Li scrivo su una lista, come compiti per casa che non ha mai assegnato e inizio da questo libro.
Luis-Ferdinand Céline “Viaggio al termine della notte” è difficile da descrivere, è un lungo delirio che spazia dagli orrori della Grande Guerra, alle assurdità malate del colonialismo, al sogno disincantato dell’America, alla povertà umana delle periferie delle grandi città. Le prime sessanta pagine sono pura follia, incomprensibili a prima vista, ipnotiche, intense. Non lo posso descrivere, né giudicare, scelgo solo un passaggio: “Pensandoci bene adesso, a tutti i matti che ho conosciuto, non posso fare a meno di dubitare che esistano altre autentiche realizzazioni del nostro io più profondo che non siano la guerra e la malattia. La grande fatica dell’esistenza non è forse insomma nient’altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli […] per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi.” Un romanzo da assaporare come un vecchio brandy, a piccoli sorsi, solo per intenditori.
Irene Pavan