Madre di farfalla

Madre di farfalla

il mio racconto pubblicato dalla rivista lettararia Suiteitaliana il 20 Marzo 2023

Un testo delicato sul sottile equilibrio del rapporto madre-figlia, sull’amore genitoriale e sulle sue conseguenze.

I discorsi pronunciati a mezza voce dalle donne del paese dicevano che era stata l’impazienza della madre a far nascere prima del tempo la piccina. Così era venuta al mondo in un mattino di sole freddo, pallida e fragile; i medici, soppesandola come un sacchetto di noci, sentenziarono che il suo sarebbe stato un destino di farfalla. La casa che era stata preparata per i giorni spensierati di un’infanzia rumorosa divenne silenziosa, sospesa in un tempo scandito da medicine, preghiere, sospiri, nell’attesa di quell’ultimo, calcolato, battito d’ali. Ma i giorni divennero anni, appassirono fiori, scolorirono la carta da parati, imbiancarono i capelli, serrarono i sorrisi dentro a labbra via via più sottili e diafane. Il tempo si posò sulla bambina facendola crescere e diventare creatura compiuta, pur lasciandola in quello sghembo equilibrio di un destino senza dopodomani.

La madre, dissero i discorsi a mezza a voce delle donne del paese, la teneva in vita con il suo amore, nessuno l’aveva più vista fuori dalle mura di cristallo, dedita a quella creatura che necessitava di cuore e aria. Non uscì nemmeno per portare al camposanto il padre della piccola che, come tutti gli uomini, era più permeabile alle disgrazie altrui e s’era ammalato di solitudine. Fuori dalla casa qualcuno iniziò a dire che la bimba aveva bisogno della scuola, degli amici e di tutte le cose della vita. Veleno, solo veleno, rispondeva la madre. Non si può. Le madri danno la vita, la plasmano, la preservano, le madri amano, senza limiti, senza ragione, fuori dalla ragione. Le madri sanno, tutto.

Un pomeriggio, arrivò quella domanda che ella attendeva da tempo: cosa c’è fuori da qui? Non fu difficile elencare i pericoli, i venti gelidi, la malvagità subdola e strisciante che le avrebbe soffocate; a cosa sarebbero serviti allora tutti quei sacrifici, quelle battaglie contro un destino già scritto? Meglio attendere, qualche giorno, mese o anno, il tempo non ha tempo, intanto ci si prepara, si tesse un cappotto per il gelo delle delusioni, sciarpe per gli spifferi delle cattiverie. Ma la libertà continuava sfacciata a bussare alla finestra con tanta insistenza che in un giorno di primavera la donna acconsentì ad aprire i vetri: un filo di luce nella stanza, un respiro, un sorriso. Fu un istante e la farfalla volò il suo unico e ultimo volo. I discorsi pronunciati a mezza voce dalle donne del paese dissero che era stata la malattia a portarsi via quella povera creatura. La malattia della madre.

[Autore: Irene Pavan, anno: 2023 ]

Tutti i diritti riservati. E’ vietato copiare e riprodurre il testo senza il consenso scritto dell’autore