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Premessa: questo libro fa parte degli indimenticabili.

Ci sono libri che non potrai più dimenticare, perché ti hanno spezzato qualcosa dentro e dopo averli letti non sei più lo stesso. Sì, sembra un’esagerazione da fissata, ma capita davvero, anche se raramente. Per me uno di questi indimenticabili è “Salvare le Ossa” di Jesmyn Ward e raccontarlo in poche righe sarà un’impresa. Siamo nel profondo Mississipi dove in un avvallamento paludoso e malsano vivono l’adolescente Esch, i suoi tre fratelli ed il padre. Abitano in una baracca, circondata da immondizie e oggetti vari abbandonati da diverse generazioni. Vivono la loro normale quotidianità fatta di cose piccole: giocare a basket; allevare un cane da combattimento; mangiare Top Ramen direttamente dalla scatola; tirar su da terra il padre ubriaco. La storia si svolge in un arco temporale di una decina di giorni, quelli durante i quali la famiglia aspetta: il padre attende l’arrivo imminente dell’uragano Kathrina; Randall attende di fare la selezione per la squadra di basket; Skeetah attende che la sua Pitbull partorisca; Esch attende che il suo ventre di bambina si gonfi a causa della gravidanza appena scoperta. E’ quindi un libro sull’attesa di qualcosa che arriverà e sarà devastante, perché ognuno di loro perderà quello che non poteva perdere. Il tempo passa lento, il lettore lo vive insieme ai personaggi che hanno un’intensità primordiale, respira la loro aria e la loro sofferenza. Il linguaggio è diretto, la narrazione è intensa quanto spietata, nessun velo. Ci sono passaggi che potrebbero risultare fastidiosi alle persone sensibili, l’autrice non sconta nulla. Io l’ho amato dalla prima all’ultima pagina, ho vissuto quei momenti di attesa e poi la devastazione dell’uragano che, come tutte le disgrazie terrene, è sempre più forte con i deboli. In due parole: doloroso ma necessario.

Come ha scritto Chiara Valerio nella prefazione: “Ciò che si legge in Salvare le Ossa è che al mondo esistono solo vita e morte, e la vita vince sempre, nonostante tutto.”